Dal World Business Forum 2015 una storia ancora da scrivere per le aziende italiane.

EXPO 2015 si è conclusa pochi giorni fa, ma non sono finiti gli eventi in grado di porre l’Italia e Milano al centro dell’attenzione a livello internazionale.

In particolare, grazie al World Business Forum 2015, il 3 e 4 novembre, Milano si è trasformata in una porta verso il futuro per imprenditori, leader e uomini d’affari desiderosi di costruire aziende migliori e un mondo migliore. Si tratta di un’importante opportunità per affrontare il tema dell’innovazione oggi in Italia, a cui abbiamo voluto contribuire qui anche noi.

WORLD BUSINESS FORUM, STEVEN KOTLER E L’INNOVAZIONE RADICALE

Sir Ken Robinson, "Coltivare la creatività" - World Business Forum 2015
Sir Ken Robinson, “Coltivare la creatività” – World Business Forum 2015

Il World Business Forum è un evento organizzato e curato da WOBI (World of Business Ideas) che da più di 20 anni seleziona e condivide contenuti e idee afferenti ai maggiori esperti di business, leader di pensiero e CEO di fama mondiale. Nell’edizione di quest’anno il World Business Forum ha avuto come obbiettivo specifico quello di dar vita a delle storie. Idee semplici e potenti, nuove visioni e modelli di business hanno caratterizzato i racconti degli Story Maker presenti sul palco. Personaggi che hanno saputo trasformare il presente e farne un trampolino di lancio per costruire qualcosa di meglio.

Uno di questi è Steven Kotler, giornalista, imprenditore, nonché autore di diversi bestseller. Nei suoi libri e articoli Kotler si muove spesso tra scienza e cultura, esplorando le connessioni tra capacità umane, tecnologia e coscienza. Il suo contributo al World Business Forum 2015, questo pomeriggio, sarà incentrato su un tema che, qui su Futuro Digitale, sentiamo particolarmente vicino: “I segreti dell’innovazione radicale”. Sulla base delle sue esperienze e conoscenze Kotler ci spiegherà come affrontare con successo le “mega sfide”, quali sono i processi mentali al centro di innovazione, creatività, apprendimento, decision-making e quali gli approcci all’innovazione di maggior successo. Ma per comprendere tutto ciò dobbiamo prima comprendere che cosa si intende per innovazione radicale o disruptive innovation.

NASCITA E LOGICA DELLA DISRUPTIVE INNOVATION

Il concetto di Disruptive Innovation nasce insieme a un saggio pubblicato nel 1995, ma le cui argomentazioni restano tutt’oggi valide, “Disruptive Technologies: catching the wave”.

Secondo Joseph L. Bower e Clayton M. Christensen, autori del saggio, possiamo dire che un nuovo prodotto è frutto di un’innovazione radicale quando dà vita a possibilità di utilizzo del tutto impensabili rispetto alle soluzioni precedenti o quando apre un mercato di riferimento completamente nuovo. Risultati del genere sono ambiti da qualunque azienda, ma ottenerli non è semplice.

L’innovazione radicale implica un rischio, perché per realizzarla occorre prescindere dal mercato tradizionale. Tipicamente le aziende sviluppano i propri prodotti a partire dalle esigenze dei propri clienti e sempre sulla base di queste esigenze sono poi in grado di migliorarne le performance. Tuttavia, l’innovazione radicale non nasce dal miglioramento delle performance principali del prodotto, ma dallo sviluppo di una qualche caratteristica secondaria. Non ci sono garanzie, poiché sottoponendo un’innovazione di questo tipo ai clienti già acquisiti questi si diranno non interessati, lo stesso farà il marketing (poiché fa riferimento agli stessi clienti). Basti pensare che quando Polaroid lanciò la sua macchina fotografica a stampa istantanea secondo il marketing ne avrebbe vendute al massimo 100.000 in tutta la vita.

Questo perché un’innovazione radicale crea un nuovo mercato, dopodiché cannibalizza quello precedente. Per fare una buona valutazione è necessario andare direttamente sul mercato ed imparare dalle reazioni dei clienti, ma è importante farlo per primi per almeno due buone ragioni. La prima è che i secondi finiscono spesso per soccombere nel confronto col primo arrivato sul nuovo mercato; la seconda è che i nuovi mercati nascono come nicchie che inizialmente non attirano l’interesse dei player principali e sono quindi al sicuro dalla concorrenza.

COME FAR CRESCERE L’INNOVAZIONE RADICALE IN ITALIA?

Secondo Alfonso Fuggetta, Direttore Scientifico del CEFRIEL del Politecnico di Milano, per innovare in Italia abbiamo bisogno di “entusiasmo, giovani motivati e preparati, dinamiche agili che rendano possibile ed economicamente efficiente investire in cose nuove e rischiose”.

Il fatto che in Italia si parli sempre di più di innovazione è senz’altro incoraggiante, ma servono poi misure concrete a sostegno delle imprese. Secondo Fuggetta le start up possono essere un valido strumento di innovazione, ma è necessario valorizzarle e favorirne la crescita attraverso l’inserimento nel tessuto imprenditoriale. In altre parole, è necessario che le imprese esistenti vadano a comprare e inglobare in sé le start up e le innovazioni che esse propongono. Per favorire questi processi saranno a loro volta necessari provvedimenti adeguati, quale il rilancio del credito di imposta per ricerca e innovazione.

L’innovazione è qualcosa di cui l’Italia e il suo tessuto produttivo non possono fare a meno e per farla sarà necessario premiare la competizione di nuovi prodotti con quelli tradizionali. A tal scopo può essere utile spostare i processi di innovazione in strutture separate, quali le start up, in cui anche una piccola vendita può far da traino per le attività e in cui i nuovi prodotti non rischiano di esser messi in ombra da quelli tradizionali, più redditizi.

Ciò che è certo è che gli investimenti in innovazione radicale, insieme alle misure di crescita digitale già in atto con SPID, la Fatturazione Elettronica e quanto previsto dall’Agenda Digitale del nostro Paese, vanno affrontati con massima serietà ed impegno, poiché da loro dipende il nostro futuro.

4 novembre 2015