Per inviare comunicazioni ufficiali con valore giudiziario l’unico modo è stato, per decenni, la raccomandata con ricevuta di ritorno: una missiva con allegato un cartoncino, la ricevuta di ritorno, appunto, firmato dal destinatario e ritornato al mittente, così da avere la certezza dell’avvenuta consegna.

Viene ancora utilizzata nei casi in cui, per esempio, si deve inviare una lettera di diffida, o di disdetta di un servizio, o ancora di messa in mora di un inquilino moroso il quale, con il meccanismo della firma sulla ricevuta, non potrà mai affermare di non aver ricevuto la comunicazione.

Oggi c’è la PEC, la Posta Elettronica Certificata, che ha assunto il ruolo della raccomandata A/R nel mondo digitale conferendole però maggiore sicurezza: certifica, infatti, che il contenuto del messaggio non è stato modificato o corrotto nel passaggio dal mittente al destinatario, nonché la data e l’ora dell’invio, e naturalmente la ricezione, che è il momento in cui si producono gli effetti giuridici della mail.

L’anno della svolta è stato il 2005 quando sono stati varati i primi strumenti legislativi che hanno dichiarato la Pec “valida agli effetti della legge”, con il DPR 68/2005, cui sono seguiti il Decreto 11/2005 e il varo di un Codice dell’Amministrazione Digitale organico con il Decreto Legislativo 82/2005. È con queste leggi che sono state stabilite le regole per la trasmissione e la validazione della Posta Elettronica.

È obbligatorio avere un domicilio digitale?

Già nel 2008, poi, quella che era una facoltà, munirsi di una casella PEC, è diventato un obbligo per alcune categorie di cittadini, ovvero per i professionisti iscritti agli albi e le aziende presenti nel Registro delle Imprese. Tale disposizione è stata allargata nel 2012 anche alle società individuali.

Nel 2020 con il Decreto Semplificazioni è stata stabilita una nuova regola, la registrazione di tali professionisti e società presso un domicilio digitale. Si tratta del luogo virtuale in cui possono essere inviate comunicazioni con piena validità giuridica.

Il domicilio digitale era già citato nel Codice dell’Amministrazione Digitale varato ormai 17 anni fa e nei successivi aggiornamenti, che fanno riferimento anche al regolamento europeo eIDAS, ma è solo da poco che l’iscrizione è entrata a far parte degli obblighi da rispettare. Oggi tale domicilio corrisponde di fatto a un indirizzo PEC.

Quali sono i registri pubblici PEC?

Esattamente come nel mondo analogico esiste un elenco del telefono con i numeri e gli indirizzi dei cittadini, così anche i vari domicili digitali sono inclusi in speciali registri pubblici, consultabili. Sono tre in Italia:

  • INI-PEC, l’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata, il primo a essere stato istituito, che contiene i domicili delle società presenti nel Registro delle Imprese e dei professionisti iscritti agli albi professionali
  • IPA, l’indice dei domicili digitali delle Pubbliche Amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi: include le PEC della PA ed è quello che i cittadini possono consultare per sbrigare pratiche burocratiche o accedere a un concorso
  • INAD, l’Indice di persone fisiche, associazioni, professionisti ed enti non iscritti a INI-PEC: è un registro che non è ancora attivo, ma lo sarà a breve, e contiene le Posta Elettronica Certificata di tutti coloro che non hanno alcun obbligo di domicilio digitale, ma che ritengono sia utile possederne uno e renderlo pubblico per sveltire le comunicazioni con valore legale.

Non solo la PEC come domicilio digitale

In futuro, tuttavia, non saranno solo le PEC a essere considerate come domicilio digitale, ma ogni QeRDS (Qualified electronic registered delivery services), cioè ogni sistema di delivery qualificato.

Per esempio,la PEC Q (qualificata) che sostituirà quella tradizionale e che a differenza di quest’ultima avrà valore anche a livello europeo e, questa è la maggiore novità, certificherà anche il mittente e il destinatario, oltre al messaggio. Mittente e destinatario dovranno identificarsi con delle credenziali, per esempio tramite la firma digitale e la comunicazione non sarà recapitata finché questo non avverrà.

Il messaggio stesso sarà più sicuro grazie ad accorgimenti tecnici aggiuntivi, e l’ora e la data della mail saranno validati tramite una marca temporale, ovvero una certificazione esterna oggettiva effettuata dal provider. Anche l’Anagrafe, l’ANPR, inoltre, entro il 2022 prevedrà di iscrivere sul proprio sito il proprio domicilio digitale.

InfoCert protagonista del processo di evoluzione dei sistemi di delivery qualificati

Tali cambiamenti impatteranno positivamente sulla vita degli utenti, che siano aziende, professionisti o privati cittadini, e InfoCert è pienamente impegnata a fare in modo che queste trasformazioni siano più veloci ed efficienti.

Ha infatti partecipato a un tavolo tenuto da Agid (Agenzia per l’Italia Digitale) per il rilascio di uno standard tecnico di interoperabilità, a livello italiano ed europeo, della futura PEC Q.

InfoCert, del resto, è già oggi con Legalmail leader nel mercato della PEC tradizionale, che è il sistema di delivery certificato più grande d’Europa, ed è grazie a questa esperienza e al know how accumulato che oggi si trova in prima linea per lo sviluppo dei servizi di quella qualificata.

InfoCert ha già un’offerta attiva relativa alle marche temporali che saranno indispensabili, come si è detto, per certificare la data e l’ora di una comunicazione con la PEC Q.

Sempre più indispensabili anche i servizi per il riconoscimento dell’identità digitale

Non solo, InfoCert si candida ad essere protagonista anche per la fase di riconoscimento e autenticazione dell’identità nell’ambito dell’accesso ai registri del domicilio digitale.

L’IPA, quello che contiene le PEC (e in futuro altri QeRDS) delle Amministrazioni Pubbliche, è infatti raggiungibile tramite firma digitale, per la quale InfoCert, con GoSign, offre la gamma di soluzioni più completa del mercato.

INAD, il futuro registro delle persone fisiche, invece, consentirà l’identificazione tramite SPID, un altro servizio di punta di InfoCert.

Così da un lato, InfoCert si presenta già pronta per la prossima evoluzione tecnologica dei sistemi di delivery qualificati e dall’altro ne è ormai un indispensabile motore propulsivo.