Il coefficiente di redditività è un parametro critico per i professionisti inquadrati nel regime forfettario, poiché al netto delle loro spese vive, è la percentuale che determina la quota dei ricavi da considerare come reddito imponibile. In altre parole, è una metrica tributaria che stabilisce quante tasse il lavoratore autonomo dovrà pagare allo stato. Su questo valore è calcolata infatti l’imposta da versare all’Agenzia delle entrate per l’attività svolta in regime forfettario di P.IVA.
Una volta dichiarati i pagamenti in fattura, non esiste una formula magica per abbassare il reddito imponibile a partire dal coefficiente di redditività. Esiste però un modo univoco per calcolare la soglia su cui sono calcolate le imposte, anche senza nozioni in ambito tributario.
Cosa si intende per coefficiente di redditività?
Innanzitutto il coefficiente di redditività non definisce un margine reale di profitto, è piuttosto una stima “dedotta” dall’analisi statistica delle attività professionali. Questa soluzione di massima mira a semplificare il calcolo fiscale e a ridurre il più possibile lungaggini burocratiche e conteggi, poiché permette di schivare noiose procedure di reportistica dettagliata su ogni singola spesa.
Il Fisco si limita a calcolare e applicare la percentuale corretta del coefficiente di redditività a seconda della categoria di attività svolta. Ad ogni codice Ateco – ovvero l’ambito di business – è associato un coefficiente che riflette le caratteristiche economiche tipiche del settore: il che determina indirettamente una proiezione sulle spese deducibili di un autonomo o di un’impresa.
Più basso è il coefficiente, più alte saranno le spese stimate per la gestione dell’attività. Le imposte vanno infatti calcolate a seconda dei costi fissi sostenuti, costi che finiscono per uscire dalle tasche dell’imprenditore senza rientrare nei ricavi netti su cui è possibile invece applicare la tassazione.
Il commerciante e l’ingegnere: basso e alto coefficiente di redditività
Un esempio pratico aiuta a capire meglio quale sia l’impatto del coefficiente di redditività sul calcolo delle imposte a seconda del settore di riferimento. Un ingegnere che pratica la sua attività dallo studio di casa sostiene spese di gestione relativamente contenute, come software, bollette di Internet, materiali tecnici, cancelleria, qualche consulenza mirata, ecc. Il suo coefficiente di redditività è stato fissato al 78% del reddito lordo, ciò significa che le tasse andranno contabilizzate su questo parametro.
Un commerciante invece deve affrontare svariati costi di gestione: le spese di affitto, le utenze, le materie prime, i fornitori. In questo caso infatti il suo coefficiente è del 40% secondo il suo codice Ateco, il che significa che solo il 40% dei suoi ricavi è considerato reddito imponibile, mentre il restante 60% è eroso dai costi vivi legati all’attività.
Le diverse stime associate agli indici di redditività rendono il sistema di calcolo più semplice, automatico ed equo per tutti i professionisti.
Restando in tema di semplificazione, dal 1° ottobre 2025, in base al Decreto Fiscale Correttivo-bis, sono cambiate le modalità di versamento dell’IVA per gli autonomi in regime forfettario che ricevono fatture soggette a inversione contabile. È entrato in vigore il cosiddetto Reverse Charge o inversione contabile, un meccanismo che sposta l’obbligo di versare l’IVA dal fornitore al cliente. Insieme con il coefficiente di redditività “fisso”, questa procedura rende ancor meno oneroso il processo di contabilità per le P.IVA.
Calcolare il reddito imponibile con il coefficiente di redditività: su cosa si pagano le tasse
Una volta definito il coefficiente di redditività dal codice Ateco, il calcolo è semplice: si moltiplica il totale dei ricavi nell’anno per il coefficiente di redditività relativo all’attività mettendo uno zero davanti al numero percentuale.
Ad esempio, per un commercialista con coefficiente dell’86% e ricavi di 50.000 euro, il reddito imponibile è di 43.000 euro (così calcolato: 50.000 × 0,86). Su questa cifra si applicherà l’imposta sostitutiva prevista dal regime forfettario, del 15% o del 5% nei primi anni di attività.
Oltre il coefficiente, gli indici di redditività: alla base del profitto
In un recente studio del 2025 condotto da Banca d’Italia, emerge chiaramente che la redditività generale delle imprese si è ridotta negli ultimi due anni (fonte: pagina 20). Complice una situazione di continua tensione geopolitica, tutte le aziende rimangono esposte a rischi moderati, ciò comporta un aumento dei prezzi delle materie prime.
Ora, se questi prezzi continuano a crescere ma il coefficiente di redditività non si adegua,piccoli commercianti e imprese vedranno calare inesorabilmente la loro redditività. Banca d’Italia infatti rileva che il Margine Operativo Lordo si è già ridotto del 5,1% nel 2024. Tradotto, significa che la capacità di un’impresa o di un libero professionista in regime di P.IVA di generare profitto dalla propria attività prima di sforbiciare il tutto con oneri finanziari, tasse, ammortamenti e svalutazioni è oggi più scarsa.
Oltre al Margine Operativo Lordo, detto anche EBITDA, esistono altri indici che determinano la redditività generale di un’impresa. Da questi dati si evince la capacità di generare utili e di sostenere finanziariamente l’attività. Sono un po’ il termometro del business, ovvero svelano quanto bene si sta lavorando in termini di efficienza, margini e ritorno sugli investimenti.
Per misurare quest’ultimo, esiste un indice specifico chiamato ROI (Return on investment) che si calcola tenendo conto dell’ammontare del capitale investito rispetto a quello generato dallo stesso investimento:
● ROI: Utile Operativo / Capitale Investito × 100
Se il ROI è del 12%, ad esempio, ciò significa che ogni 100 euro investiti generano 12 euro di utile.
Altro indice fondamentale per gli imprenditori, specie se commercianti, è il punto di pareggio, o break-even point. Si tratta della quantità di prodotto da vendere per coprire completamente le spese. È il momento esatto in cui i ricavi totali pareggiano i costi totali. Questo indice è fondamentale, poiché una volta raggiunto il break-even point si può iniziare a marginalizzare.
● Break-even point: Costi fissi / Prezzo di vendita unitario – Costo di vendita unitario
Per capire invece quanto le vendite incidono sulla redditività esiste un indicatore ad hoc chiamato ROS (Return on Sales). Questo indicemostra qual è il margine operativo netto su ogni euro di vendita. Di solito nei servizi è ≥15% mentre nella distribuzione al dettaglio può scendere al 2–3%.
● ROS = (Utile Operativo / Ricavi di Vendita) × 100
Migliorare l’indice di redditività: un mix di strategie
Gli indicatori di performance della redditività offrono informazioni preziose per monitorare il business e garantire una crescita costante del capitale.
Da soli però gli indici di redditività non bastano. Per far crescere il business serve applicare una strategia mista: innanzitutto è bene cercare di rientrare nel regime forfettario (fino a 80.000 euro di fatturato) con l’obiettivo di semplificare l’applicazione del coefficiente di redditività. Un metodo legale per farlo è abbassare la pressione fiscale tramite deduzioni e agevolazioni, in modo da trovare il giusto equilibrio tra spese, contributi previdenziali e investimenti.
Per migliorare la redditività si hanno a disposizione altre tre leve a livello più operativo, tre strategie da poter usare tutti i giorni:
1) aumentare i ricavi di vendita,
2) ridurre i costi della gestione,
3) ridisegnare l’offerta orientandosi verso prodotti o servizi a maggiore valore aggiunto.
Quanto è disposto a pagare il mercato per un prodotto/servizio? Dipende, è possibile aumentare la percezione di valore attraverso semplici operazioni di marketing. E di colpo lo stesso prodotto potrà generare maggiore redditività senza cambiare sostanza.
Anche ottimizzare la rotazione del magazzino migliora concretamente la redditività sbloccando capitali di fatto “congelati”. Questo approccio ibrido combina la pianificazione fiscale con il miglioramento delle performance operative. Ecco perché il coefficiente di redditività è una percentuale solo ‘stimata’, rimane alla strategia imprenditoriale fare il resto.
FAQ – Coefficiente di redditività: cos’è, a cosa serve e come si calcola
- Cos’è il coefficiente di redditività?
- È la percentuale che determina la parte dei ricavi da considerare reddito imponibile per chi opera in regime forfettario.
- A cosa serve il coefficiente di redditività?
- Serve a calcolare quante tasse deve pagare un professionista, semplificando la dichiarazione dei redditi.
- Da cosa dipende il coefficiente di redditività?
- Dipende dal codice Ateco dell’attività: ogni settore ha una percentuale diversa stabilita dal Fisco.
- Come si calcola il reddito imponibile?
- Si moltiplicano i ricavi annuali per il coefficiente di redditività e sul risultato si applica l’imposta del 15% o 5%.
- Come migliorare la propria redditività?
- Aumentando i ricavi, riducendo i costi e offrendo prodotti o servizi a maggior valore aggiunto.