Dal, 1° ottobre 2020, il Domicilio Digitale (oggi equivalente a un indirizzo PEC) diventa obbligatorio per imprese e professionisti.
La legge di conversione n. 120 dell’11 settembre 2020 ha confermato le novità introdotte dal Decreto Semplificazioni (il D.L. n. 76 del 16 luglio 2020) in materia di Posta Elettronica Certificata (PEC) e Domicilio Digitale. Obiettivo: semplificare i rapporti tra Pubbliche Amministrazioni, imprese, professionisti e cittadini
Il Decreto poi divenuto legge, recante misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale, va a rafforzare il ruolo della PEC come strumento principale di comunicazione per varie procedure amministrative e introduce delle sanzioni per la mancata comunicazione del domicilio elettronico da parte dei professionisti e delle imprese tenuti ad adottarlo.
Non ostante l’obbligo esistesse già, ad oggi, sono ancora 1,7 milioni le imprese non dotate di un indirizzo PEC. Il nuovo obbligo segna però un cambio di passo, sia perché introduce delle sanzioni amministrative, sia perché rende l’adozione, l’attivazione e la comunicazione al Registro Imprese del proprio indirizzo PEC un requisito indispensabile per svolgere l’attività imprenditoriale/professionale.
Cos’è il Domicilio Digitale e perché viene equiparato alla PEC?
In riferimento all’obbligo abbiamo considerato Domicilio Digitale e indirizzo PEC come equivalenti, ma si tratta di due cose distinte.
In teoria il Domicilio Digitale, introdotto dal Codice dell’Amministrazione Digitale, può essere adottato tramite una casella PEC o tramite l’analoga fattispecie comunitaria del Servizio Elettronico di Recapito Certificato Qualificato (SERC Qualificato). In pratica, però, l’assenza di normativa esecutiva a livello comunitario sui SERC impone per il domicilio digitale l’utilizzo della PEC.
In sostanza, il domicilio digitale non è che un recapito digitale inserito nell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) e reso disponibile alle Pubbliche Amministrazioni e ai gestori di pubblici servizi per le comunicazioni con i cittadini.
L’obbligo di comunicazione del Domicilio Digitale al Registro Imprese
Come detto, la legge di conversione del Decreto Semplificazioni ha imposto che entro il 1° ottobre 2020 le imprese che non lo hanno già fatto comunichino il proprio Domicilio Digitale (indirizzo PEC ufficiale) al Registro Imprese. Lo stesso vale per i professionisti, che dovranno però comunicarlo al proprio Collegio o Ordine di appartenenza, che si occuperà poi di comunicare gli indirizzi PEC dei propri iscritti all’Indice Nazionale degli Indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti.
Il sistema delle camere di commercio ha azzerato la burocrazia connessa alla comunicazione del proprio indirizzo PEC, a cui è ora possibile adempiere senza pagare oneri, bolli e diritti. Il servizio è accessibile via web all’indirizzo ipec-registroimprese.infocamere.it, ma necessita l’utilizzo della firma digitale del legale rappresentante dell’impresa.
IMPRESE DIVERSE DA QUELLE DI NUOVA COSTITUZIONE
Se rilevato dal Conservatore dell’ufficio del Registro Imprese, alle società non di nuova costituzione che non abbiano indicato il proprio domicilio digitale entro il 1° ottobre 2020 o il cui domicilio digitale risulti inattivo o sia stato cancellato dal Registro Imprese, sarà richiesto di provvedere all’indicazione di un nuovo domicilio digitale entro 30 giorni. In caso di mancata indicazione, trascorsi i 30 giorni, il Conservatore procederà alla cancellazione dell’indirizzo eventualmente inattivo dal Registro Imprese e avvierà la procedura sanzionatoria.
Saranno sottoposte a sanzioni amministrative che vanno da 206 a 2.064 euro per le società, da 30 a 1.548 euro per le imprese individuali.
Oltre al pagamento delle sanzioni suddette a queste imprese sarà assegnato d’ufficio, dalla Camera di commercio, un domicilio digitale che sarà reso disponibile tramite il Cassetto Digitale dell’Imprenditore, a cui le imprese potranno accedere dall’indirizzo impresa.italia.it, ma utile per la sola ricezione dei documenti.
Per accedere al proprio Cassetto Digitale dell’Imprenditore è necessario essere dotati di Identità Digitale SPID, CNS o token wireless.
A questo punto, l’impresa che non dovesse nemmeno preoccuparsi di effettuare l’accesso al domicilio digitale assegnato all’interno del proprio Cassetto Digitale, si assumerà il rischio della mancata visualizzazione di atti e documenti provenienti da pubbliche amministrazioni e da privati che potranno essere qui notificati ad ogni effetto di legge.
IMPRESE DI NUOVA COSTITUZIONE
Nel caso delle imprese di nuova costituzione, l’ufficio del Registro Imprese che dovesse ricevere la domanda di iscrizione allo stesso priva di indicazione del domicilio digitale (ovvero, lo ricordiamo, l’indirizzo PEC acquistato e attivato dall’azienda) sospenderò la domanda in attesa che la stessa sia integrata con il domicilio digitale.
PROFESSIONISTI, COLLEGI E ORDINI PROFESSIONALI
Anche i professionisti sono tenuti a comunicare il proprio domicilio digitale al proprio albo o elenco di appartenenza. In caso di mancata comunicazione è stato introdotto l’obbligo di diffida ad adempiere, entro 30 giorni, da parte dello stesso Collegio o Ordine di appartenenza. A questo punto, in caso di mancata ottemperanza alla diffida, il Collegio o l’Ordine di appartenenza comminerà la sospensione dal relativo albo o elenco fino alla comunicazione del domicilio da parte del professionista inadempiente.
A loro volta, Collegi e Ordini sono tenuti a fornire gli elenchi dei domicili digitali dei propri iscritti comunicandoli all’Indice Nazionale degli Indirizzi PEC (INI PEC) delle imprese e dei professionisti.
Finora, su oltre 2,3 milioni di professionisti solo 1 milione e 783 mila risulta in possesso di un indirizzo di Posta Elettronica Certificata censito nel registro INI PEC. È anche vero che negli ultimi 5 anni il numero di questi ultimi è cresciuto del 48%.
In particolare, fiscalisti, avvocati, consulenti del lavoro e notai risultano maggiormente presenti rispetto a categorie per cui la PEC ha avuto un ruolo marginale nel proprio lavoro fino ad oggi: ostetriche, assistenti sociali, giornalisti.
I vantaggi della PEC aldilà dell’obbligo normativo
Che la PEC sia uno strumento estremamente utile e vantaggioso in ambito lavorativo è comprovato da una ricerca condotta da IDC e promossa anche da InfoCert.
Lo studio, tra le altre cose, certifica che:
- i benefici netti complessivi della PEC si attestano su un valore medio di circa 2,2 miliardi di euro per il mercato italiano nel periodo 2008 – 2019. Valore che aumenta ulteriormente di 1 miliardi e 800 mila euro considerando la proiezione 2020 – 2022;
- la PEC ha risparmiato al pianeta la produzione di 78.000 tonnellate di CO2 nel 2019 e, in proiezione, 120.000 tonnellate nel 2022;
- nel 2019 la PEC ha fatto risparmiare ai suoi utilizzatori 253 milioni di km, destinati a diventare 391 milioni di km nel 2022, in spostamenti per raggiungere gli uffici postali;
- l’archiviazione digitale della corrispondenza ha permesso di liberare oltre 1,3 milioni di m2 di spazi di archiviazione nel 2019, destinati a diventare 1,6 milioni di m2 nel 2022;
- il risparmio in termini di attesa in coda all’ufficio postale consentito dalla PEC è stato quantificato in 2150 anni-uomo nel 2019, che potranno diventare 3.234 nel 2022.