​La CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) è una direttiva europea che rivoluziona la rendicontazione aziendale in ambito di sostenibilità. Nota ufficialmente come Direttiva n. 2022/2464, è stata approvata nell’ambito del Green Deal europeo e sostituisce la precedente Non-Financial Reporting Directive (NFRD).

La CSRD amplia l’ambito delle aziende coinvolte, rendendo il bilancio di sostenibilità un elemento centrale per valutare la performance aziendale, in particolare rispetto ai parametri ESG (ambientali, sociali e di governance).

CSRD direttiva: cos’è 

La direttiva CSRD mira a uniformare la rendicontazione di sostenibilità delle imprese, introducendo standard comuni chiamati European Sustainability Reporting Standards (ESRS). Questo permette di integrare pienamente le informazioni relative ai tre criteri della sostenibilità  (LINK AL PEZZO “ESG, significato dei tre criteri della sostenibilità e il loro impatto sul business”) nei bilanci aziendali, rendendole comparabili e trasparenti, e fornendo una base uniforme per il calcolo del rating ESG, un indicatore sempre più rilevante per investitori e stakeholder.

Inoltre, la CSRD estende gli obblighi di rendicontazione rispetto alla precedente normativa, aumentando significativamente il numero di aziende coinvolte. Secondo le stime dell’Unione Europea, il numero di società tenute alla rendicontazione passerà da 11.700 a circa 49.000, di cui 4.000 solo in Italia.

CSRD direttive: a chi si rivolge

La CSRD si applica a tutte le grandi imprese e, progressivamente, verrà applicata anche alle PMI quotate. Tuttavia, molte PMI non quotate sono coinvolte indirettamente a causa della loro posizione nelle catene di fornitura. Infatti, le grandi aziende, obbligate a rispettare la normativa, richiedono ai propri fornitori di adeguarsi agli stessi standard per garantire la conformità complessiva lungo la filiera.

Le PMI che operano in settori strategici o con clienti internazionali potrebbero essere obbligate a fornire dati ESG per rispettare i criteri di Green Procurement o i requisiti imposti dai mercati esteri. Questo fenomeno, noto come “effetto a catena”, sta rendendo la sostenibilità un prerequisito essenziale per operare in mercati competitivi.

Report di sostenibilità: le informazioni richieste

Il bilancio di sostenibilità, secondo quanto stabilito dalla CSRD, deve includere una descrizione dettagliata del modello e della strategia aziendale, integrando i seguenti elementi:

  • gestione dei rischi e opportunità, contenente una panoramica sui rischi e le opportunità legati alle questioni di sostenibilità, evidenziando come vengono identificati, valutati e gestiti;
  • piani e strategie aziendali, ovvero i programmi operativi e finanziari che l’azienda intende attuare per allinearsi agli obiettivi di transizione verso un’economia sostenibile, con dettagli su investimenti e azioni concrete;
  • stakeholder rilevanti, che descrive come il modello e la strategia aziendale considerano gli interessi degli stakeholder più significativi, garantendo un approccio inclusivo;
  • attuazione della strategia di sostenibilità, con le modalità operative adottate per implementare la strategia ESG, assicurando coerenza con gli obiettivi prefissati;
  • obiettivi ESG e progressi, una descrizione degli obiettivi specifici in ambito ambientale, sociale e di governance, accompagnata da un’analisi dei risultati raggiunti e degli avanzamenti rispetto agli impegni dichiarati;
  • governance ESG, che include informazioni sul ruolo degli organi direttivi nel monitoraggio delle tematiche ambientali, sociali e di governance, incluse eventuali forme di incentivazione legate al raggiungimento degli obiettivi prefissati;
  • politiche aziendali, che offrono una panoramica delle strategie adottate dall’impresa per affrontare questioni legate alla responsabilità ambientale e sociale, promuovendo comportamenti virtuosi lungo tutta la catena del valore;
  • due diligence ESG, con le procedure implementate per identificare, prevenire e mitigare gli impatti negativi derivanti dalle attività aziendali, con particolare attenzione ai processi che coinvolgono l’intera catena del valore;
  • impatto negativo e misure di mitigazione, una descrizione dei principali impatti negativi legati all’attività dell’impresa, accompagnata dalle azioni messe in atto per monitorare e ridurre tali impatti;
  • rischi di sostenibilità, che evidenzia i principali rischi connessi alle questioni ambientali, sociali e di governance, insieme alle strategie adottate per gestirli in modo efficace;
  • indicatori e KPI, ovvero una serie di metriche chiave (Key Performance Indicators) utilizzate per misurare e valutare tutte le informazioni sopra elencate, garantendo trasparenza e comparabilità dei dati.

Formato della rendicontazione

La rendicontazione di sostenibilità prevista dalla CSRD deve essere elaborata in Formato Elettronico Unico Europeo (XHTML) e accompagnata dalla marcatura XBRL, un linguaggio digitale che garantisce trasparenza, standardizzazione e comparabilità delle informazioni. Questo formato facilita l’elaborazione automatica dei dati, riduce gli errori di trascrizione e migliora l’accessibilità per tutti gli stakeholder, preparando le aziende alla connessione con il Punto di Accesso Unico Europeo (ESAP).

Inoltre, la rendicontazione di sostenibilità deve essere inclusa in un’apposita sezione della relazione sulla gestione, creando così un documento unico e integrato che racchiude sia le informazioni finanziarie tradizionali sia quelle relative alla sostenibilità. Questa integrazione non è solo di natura formale, ma rappresenta un cambiamento sostanziale: mira a consolidare il legame tra i dati finanziari e quelli ESG, evidenziando l’impatto della sostenibilità sulle performance aziendali complessive. Di conseguenza, diventa necessaria una standardizzazione del formato di presentazione, che garantisca coerenza e uniformità tra le imprese soggette agli obblighi di rendicontazione.

Quando entra in vigore la direttiva CSRD

L’entrata in vigore della CSRD avverrà gradualmente, seguendo un calendario che tiene conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese coinvolte:

  • dal 2025 (anno fiscale 2024): le imprese già soggette alla direttiva NFRD, ovvero imprese quotate, banche e assicurazioni con più di 500 dipendenti in media durante l’anno e che, alla chiusura del bilancio, superino almeno uno dei seguenti limiti:
  • 20 milioni di euro di patrimonio;
  • 40 milioni di euro di ricavi netti;
  • dal 2026 (anno fiscale 2025): le grandi imprese non quotate che, alla chiusura del bilancio (anche consolidato), soddisfino almeno due dei seguenti tre criteri:
  • più di 250 dipendenti;
  • 20 milioni di euro di patrimonio;
  • 40 milioni di euro di ricavi netti;
  • dal 2027 (anno fiscale 2026): le piccole e medie imprese quotate (escluse le microimprese), gli istituti di credito non complessi di piccole dimensioni e le imprese di assicurazioni appartenenti a un gruppo;
  • dal 2029 (anno fiscale 2028): le imprese e figlie succursali con capogruppo extra-UE, nel caso in cui la capogruppo abbia generato ricavi netti superiori a 150 milioni di euro nell’Unione Europea per ciascuno degli ultimi due esercizi consecutivi, a condizione che sia verificata una delle seguenti condizioni:
  • almeno un’impresa figlia soddisfi i requisiti dimensionali della CSRD;
  • oppure una succursale abbia generato ricavi netti superiori a 40 milioni di euro nell’esercizio precedente.

Questo approccio progressivo consente alle imprese di prepararsi agli adempimenti richiesti, garantendo un adeguamento graduale e sostenibile agli standard introdotti dalla normativa.

Sostenibilità come fattore competitivo

La CSRD promuove la sostenibilità come un fattore competitivo. Le aziende che adottano i principi ESG migliorano la propria reputazione, attraggono talenti specializzati in ambito ESG e accedono a finanziamenti agevolati. Al contrario, chi non si adegua rischia di perdere clienti e opportunità nei mercati internazionali.